martedì, novembre 08, 2005

Tutta colpa del "nucleo accumbens"

E s?. Quei gran cervelloni degli americani avevano gi? capito perché ridiamo per una barzelletta o lo scivolone di uno sconosciuto distratto da troppi pensieri; ma solo ora sono riusciti a dimostrare che a farsi le risate pi? grasse sono proprio le donne, che sanno sfoderare un sense of humor invidiabile pure di fronte alle battute pi? sfiatate. Ci ha pensato tale Allan Reiss del Dipartimento di Psichiatria e scienze Comportamentali della Stanford University School of Medicine a fare luce su tante risate. Insomma, secondo la notizia riportata dall'
ANSA le donne sono pi? umoristiche, umorali, umor-dipendenti, e forse anche per questo potenzialmente pi? vulnerabili a malattie quali la depressione. In pratica a noi femminucce si accende maggiormente il nucleo accumbens (deputato all'appagamento), una sorta di centralina del piacere che va in tilt davanti a un bombolone alla crema o alla camminata bislacca di Charlot... questo per? mi porta a una deduzione terribile: sar? per questo che le donne si dedicano poco alla politica oggi? Preferiscono guardare e ascoltare il "sesso forte" lanciarsi in battute tanto esilaranti?

sabato, settembre 25, 2004

Ci provo ancora.
Voglio dire: a due anni dalla creazione di questo blog e dopo un aggiornamento a singhiozzo, mi riprometto, per l'ennesima volta, di ridargli un significato, un motivo, un'ancora, per non lasciarlo vagare, come una nave abbandonata, negli spazi siderali del web.
Una nave, la mia nave, sulla quale caricare i pensieri dei giorni ormai stati e di quelli che arriveranno, le osservazioni di un amico, il commento ad un fatto o le considerazioni piu' umane su cio' che a volte non comprendo, per mille motivi.
E sulla mia nave vorrei poter portare anche chi passera' di qui e vorra' commentare con me quanto accade, ogni giorno, sulla 'terra ferma'.
Buoni propositi che spero di rispettare, e una nuova immagine del blog che mi auguro gradita.

Ok. Si riparte.

giovedì, novembre 27, 2003

E' molto tardi. A quest'ora dovrei essere a dormire magari sognando una vacanza che mi rigeneri. Ne ho bisogno, davvero. Ho sorriso nell'accorgermi che era passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento del mio blog. Non me ne ero accorta. Il tempo passa piů in fretta di tanti pensieri, a volte.
Sono piů di sette mesi che non scrivo piů. Volevo dire... che non scrivo piů nel mio blog. Eppure nel corso di questi mesi il blog ha ricevuto visite. Magari casuali, chissŕ. Cerchi qualcosa che inizi per ax e il motore di ricerca ti trascina fin qui, in questo lago di dissertazioni che qualcuno definirebbe oziose. Sette mesi in cui di cose me ne sono successe tante, e in cui una volta di piů ho imparato a conoscere il genere umano... e mi accorgo che le scoperte piacevoli sono sempre di meno rispetto a quelle spiacevoli.
Insomma, l'ennesima banalitŕ. Ma a quest'ora non riesco a scrivere molto di piů. Troppo stanca.
Spero di ripartire con questo blog al piů presto. Ora, nanna, che č megl?io. Tra poche ore si torna nell'arena.

mercoledì, giugno 04, 2003

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sabato, aprile 19, 2003

Quando la non-notizia si traveste da notizia

Stamattina, navigando tra i meandri di questo "virtuale sempre piů stranamente reale" ho trovato una "notizia-non-notizia"... di che si tratta? In poche parole: Google ha annunciato che nelle sue news verranno inseriti anche i comunicati stampa provenienti da aziende e da lobby.
La voce di chi ha gridato "allo scandalo" ancora riecheggia rimbalzando tra un sito e l'altro, tra un server e l'altro... il giornalismo č in allarme, il popolo della rete, arrabbiato, decreta che ŤGoogle News č morto!ť.
Tutto č iniziato il 5 aprile scorso, con l'articolo di un giornalista americano, Andrew Orlowski, su The Register . Titolo "Google News: press releases are OK - Official!". Si tratta certo di un duro colpo alla deontologia professionale dei giornalisti. Ma come... nessun filtro? Ora ci mettiamo a pubblicare come news pure gli starnuti di Bill Gates? Come distinguere la vera notizia da quella "montata" ad hoc per vendere piů auto, piů pannolini, piů dentifrici? Del resto oggi le aziende non chiedono piů solo un supporto giornalistico ai propri uffici stampa... ma un sostegno forte alle campagne di lancio, di promozione, di vendita... che si possa, perň, fregiare del blasone di "notizia"... Ricordo ancora quando, scherzando, e forse precorrendo quanto accaduto su Google, dissi ad un mio amico, giornalista di un'importante testata radiofonica nazionale... ŤDovreste iniziare a mandare anche informazioni sui prodotti, tanto ormai fanno notizia pure quelliť e lui mi rispose ŤMa sei fuori?ť. Strano... mi sono detta... sarň pure fuori ma i passaggi della Fiat e di altri grandi marchi automobilistici al TG1 e al TG5 me li ricordo bene, quando uscivano un nuovo modello di auto... li chiamavano servizi...
Con questo lungi da me l'idea di affermare che tutta l'informazione oggi sia inquinata dal "comunicato stampa" aziendale. Credo che la prima distinzione tra una notizia e una non-notizia sia l'interesse del pubblico a conoscerla e la serietŕ dei giornalisti nel trarne gli aspetti meno correlati alle logiche pubblicitarie. Perché in tutta onestŕ per me non č un problema, da lettore, sapere che un'azienda č seria e che fa prodotti di qualitŕ, ma č un problema, da giornalista, rendere oggettivi e condivsi i criteri di selezione di tali notizie...
Ah... un dubbio... no ai "comunicati stampa" di aziende che vorrebbero vendere di piů i propri prodotti... ok. Ma con i "comunicati stampa" di Paesi che vorrebbero esportare di piů la propria politica e i propri sistemi, come la mettiamo? Anche lě ci sono in ballo grossi guadagni...
Chissŕ, magari č solo una questione di target!!!!


ŤUn buon non-compleanno a me.... un buon non-compleanno a te...ť (Testo della canzone cantata dal Bianconiglio e dall'Orologiaio Matto inAlice nel Pese delle Meraviglie di Lewis Carroll)

domenica, aprile 06, 2003

... E pace agli uomini di buona volontŕ.

Sapete... a volte mi chiedo come si possa parlare di pace se non si č mai conosciuta davvero la guerra. Dire "pace" mi fa sentire ipocritamente buonista, un po' il don Abbondio della situazione... ricordate? "Questo matrimonio non s'ha da fare...".
La pace č uno stato di grazia che per sua natura l'uomo non č in grado di mantenere. E spesso neanche di comprendere.
Cos'č che ci fa dire "pace"?
Non condividere i motivi di un conflitto? La pietŕ per la vita di chi in quel conflitto potrebbe morire o muore? La paura di essere coinvolti? Il principio, punto e basta?
Ognuno, insomma, aspira al proprio concetto di pace, ma ognuno, in fondo avrŕ una guerra giusta o ingiusta da portare avanti nella vita.
Io, nella pace, non credo. La pace č una chimera, un concetto virtuale, perché nel reale č sempre fonte di grandi compromessi. Perché la pace esige la volontŕ del totale rispetto delle persone, della loro cultura, del loro modo di fare e purtroppo gli uomini non hanno virtů cosě elevate (tranne rare eccezioni). Soprattutto, poi, se c'č di mezzo denaro, potere, controllo.
Credo invece nelle idee, e nel sacrificio per portarle avanti.
Quindi nessun commento su quanto sta accadendo in Iraq. Mi concedo solo una battuta ironica: ma in questo Iraq "liberato" ci sarŕ posto anche per gli iracheni?
Segnalo invece un link che mi hanno indicato nella comunitŕ professionale che frequento. Per dire che la guerra sta continuando anche altrove e che questo grande movimento per la "pace" dovrebbe davvero trasformarsi in un movimento per il "rispetto" dei valori umani e politici. Fno ad allora "pace" resterŕ solo una parola di quattro lettere.

Rachel Corrie
The Palestine Monitor
Rachel Corrie Memorial

giovedì, aprile 03, 2003

.... All'arrembaggio!!!


"Le cifre stimate per la ricostruzione dopo il conflitto dell'Iraq vanno oggi dai 25 ai 100 miliardi di dollari. Secondo Rubar Sandi, membro del gruppo di lavoro del Future of Iraq Project del Dipartimento di Stato Americano dedicato alle infrastrutture informatiche e di telecomunicazioni, il costo per ammodernare le reti di voce e dati dell'Iraq potrebbe aggirarsi attorno a 1/1,5 miliardi di dollari, richiedendo dai sei agli otto anni per essere completato. Rubar Sandi č un rifugiato curdo, proprietario di una banca d'affari con sede a Washington.

A questo proposito, la Defense Information Systems Agency (Disa) avrebbe giŕ preso contatti per provvedere al cablaggio in fibra ottica del Paese. Č possibile siano le stesse che in passato hanno giŕ offerto al governo americano i loro servizi in altri teatri di guerra. Come Sprint, giŕ presente in Bosnia, o Worldcom, tra i fornitori piů graditi della Casa Bianca. Mentre all'orizzonte s'affacciano nuove star delle forniture al Pentagono, come Computer Sciences, che in ragione dell'acquisto di DynCorp, assiste l'amministrazione americana giŕ sul fronte di guerra.

Il ruolo degli esuli oppositori del regime potrebbe essere centrale nei piani di Washington, anche soltanto per ragioni di opportunitŕ politica. Secondo Ahamed Al-Hayderi, ex dirigente della Nokia Communications canadese, anch'egli membro del gruppo di lavoro hi tech del Future of Iraq Project e portavoce dell'Iraqi Forum for Democracy, tra i quattro milioni di iracheni in esilio vi sarebbero infatti molti executive di societŕ di informatica e telecomunicazioni pronti a investire nella ricostruzione.

A rischiare di piů, nell'affare della dorsale tecnologia irachena, č il colosso francese Alcatel, incaricato dalle Nazioni Unite, nel quadro del programma Oil for food, di ripristinare e ammodernare le telecomunicazioni irachene dopo il conflitto del 1991, nonché beneficiaria finora di contratti per 85 milioni di dollari. Commesse che nel dopoguerra potrebbero essere azzerate".

Clicca qui pr leggere l'atricolo di Stefano Cardini in versione integrale